I Nanni Levera

La Tenuta dei Nanni Levera

Quando Alessandro Manservisi nel   1886 decise di acquistare la casa di   Castelluccio che negli anni successivi   avrebbe trasformato nel suo favoloso   castello, quell’edificio apparteneva ai nobili   bolognesi Nanni Levera, il cui ramo dei   Nanni era presente da vari secoli in questa   zona ed a Castelluccio in particolare. Questi   signori avevano numerosi ed ampi possessi   anche in montagna e di essi parla Gian Battista   Comelli nel suo volume del 1917 sulla   valle della Limentra Orientale, soprattutto in   relazione agli epigoni dei Nanni, che avevano   aggiunto al proprio cognome quello dei   Levera e dai quali il Manservisi acquisì due   poderi: Questo ing. Domenico (1815-1894)   zio del vivente Antonio veniva da Castelluccio   e la sua famiglia aveva aggiunto al   cognome di Nanni quello di Levera per una   pingue eredità del conte avv. Domenico   Levera morto nel 1817 che rese questi   Nanni i maggiori possidenti della montagna.   L’antica modesta casa Nanni in Castelluccio   fu poi da essi venduta al sarto Alessandro   Manservisi, che la trasformava in un   castello di antico stile, secondo il gusto e la   moda di quegli anni. Un avo del conte Levera   d’origine piemontese erasi arricchito al   servizio e per la protezione del card. Lambertini,   poi Benedetto XIV, donde l’origine   dei vasti possedimenti Levera in Vergato,   Castel d’Ajano, Labante eccetera. Il Comelli   nello stesso volume cita poi l’ingegner   Domenico Nanni Levera come uno dei   pochi amici di Cesare Mattei, presente anche   alla posa della prima pietra della Rocchetta   il 5 Novembre 18501.   Le proprietà della famiglia non si limitavano   alla tenuta vicino a Castelluccio ed ai terreni   sparsi nei dintorni, ma erano molto vaste,   distribuite fra pianura, città e montagna. Ne   siamo a conoscenza grazie ad alcuni docu-   1 G. B. Comelli, Bargi e la val di Limentra. Storia e   tradizioni locali, Bologna 1917, p. 122, nota 1.   menti della Conservatoria delle ipoteche del   1886, che si trovavano nell’archivio di Alessandro   Manservisi, confluito in quello della   Colonia scolastica che portò il suo nome. Il   motivo di questa collocazione va ricercato   nel fatto che tale documento era stato richiesto   in quell’anno alla Conservatoria dallo   stesso Alessandro, proprio in relazione   all’imminente acquisto da Alessandro Nanni   Levera del fu Domenico Antonio di quella   che nel documento viene definita Tenuta   Castelluccio. In particolare si tratta di un   rogito del 13 agosto 1842 con cui Rosa Piermei,   vedova del fu Domenico Antonio Nanni   Levera, nella sua qualità di erede dei due   figli Francesco e Imelde evidentemente premorti,   vendeva la sua parte della comproprietà   di tutti i beni lasciati dal marito ai figli   viventi: Domenico, Giuseppe, Pellegrino ed   Alessandro. La divisione era stata resa ufficiale   con rogito del notaio Francesco Ferri   del 27 marzo 1854. I beni familiari consistevano   dunque in vari gruppi di terreni ed   edifici definiti ‘tenute’, cioè complessi di   beni raccolti attorno ad una casa centrale in   funzione della loro amministrazione. La   prima di tali tenute viene definita Chiusa ed   era localizzata per la maggior parte nel   comune di Vergato; comprendeva otto poderi   distribuiti fra Castelnuovo, la Pieve di   Casio e Rocca Pitigliana, molti dei quali   localizzabili fra il fiume Reno e la Porrettana.   La seconda era la Tenuta Castelluccio, di   cui parleremo in seguito. La terza, la Tenuta   di Labante in comune di Castel d’Aiano, era   la più vasta, poiché comprendeva ben trenta   poderi, distribuiti fra Labante, Casigno, Roffeno,   Castel d’Aiano e Sassomolare. La   quarta era la Tenuta del Borgo e comprendeva   un casino padronale con quattro poderi   nel territorio di Borgo Panigale. Altri fondi e   caseggiati sparsi erano localizzati a Sala   Bolognese ed a San Ruffillo, mentre a Bologna   i Nanni Levera possedevano una casa in   via Pelacani.   La Tenuta Castelluccio era dunque composta   da vari possessi nelle parrocchie di   Castelluccio, Capugnano e nel centro di   Porretta. Castelluccio era un po’ il centro di   questi beni, poiché vi si trovava un’abitazione   ed adiacenze padronali, la casa poi stata   trasformata nel castello, che consistevano   nei seguenti beni: due poderi in quel momento   ancora definiti Castelluccio e Cadigiorgio,   i prati della Pozza, una vigna alla   Madolma, un campo alla Borra dei Morti e   infine numerosi castagneti sparsi nelle località   Vidizzone, Spondola, Cornecchio, la   Macchiarella, le Caselle, Pian dei Pranzini e   Malmaggiore. La tenuta comprendeva anche   altri terreni nella parte alta della parrocchia   di Castelluccio, la cosiddetta Vallimenga,   quella per intenderci dove si trova la Madonna   del Faggio. Consistevano in un macchia e   pascolo, confinanti da ogni lato con i beni   comunali, quelli che oggi appartengono al   Comune, alla Regione ed al consorzio degli   Utilisti. A Capugnano i Nanni Levera possedevano   il podere Pian di Favale ed alcuni   prati fra il Reno ed il rio dei Salgastri, mentre   nel centro urbano di Porretta si trovava   una stalla con fienile in Borgolungo2.   Possediamo una precisa descrizione della   tenuta di Castelluccio dell’anno 1883, di tre   anni precedente la cessione al Manservisi3:   I° Corpo di Castelluccio   Questo piccolo possedimento (…) un tempo   fu diviso in due poderi denominati Ca’ di   Giorgio e Ca’ dei Nanni, dei quali vi sono   tutt’ora i relativi fabbricati in discreto stato   di manutenzione, ma al presente è condotto   in economia, meno la parte castagneta che   si coltiva al terzo del prodotto mediante   braccianti del luogo.   La maggiore estensione di questo tenimento,   quasi tutta unita è prativa, campiva, boschiva   e pascoliva e su di essa trovansi li fabbricati   padronali alla sua estremità superiore   ed al Ponente del Castello [nel senso di   centro abitato] di Castelluccio. Essi fabbricati   si distinguono in due corpi, uno contiene   la casa d’abitazione padronale con portico   dal lato di Levante, ha due piani sopra   quello dei sotterranei sottoposti ad uso di   stalla da cavalli e di Locali a diversi usi;   alla quale casa vi si unisce ad Ostro quella   colonica del già podere Ca’ de’ Nanni. L’altro   in prossimità al predetto contiene le   stalle, ed il fienile dello stesso già podere   Ca’ de’ Nanni ed i fienili propriamente   padronali. A questa proprietà erano annessi   sette piccoli castagneti nelle località Spondola,   Pian Martino, Rocchino, Ca’ del Faino,   Malmaggiore, Nuvolè e Caselle. Le altre   proprietà si trovavano a Savignano, Lissano   e alla Carbona.

 

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