La sala degli “arazzi”

LE TELE-ARAZZI  DEL CASTELLO MANSERVISI

Nel Castello si possono ammirare, dopo un pluriennale periodo di restauro, le tele-arazzi realizzate all’inizio del 900 da Giacomo Lolli, pittore bolognese esperto in questo tipo di realizzazioni. Suo è ad esempio il grande telo dipinto realizzato come soffitto per lo scalone di Michelangelo nell’ingresso all’antica Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze.    

Si tratta di otto tele, quattro molto grandi e quattro piccole, volute da Alessandro Manservisi, proprietario del Castello nei primi anni del 900. Degli otto Arazzi, quattro si trovano sopra le porte e contengono testi in rima probabilmente composti dallo stesso Manservisi, uno contiene lo stemma con la mano elaborato dal Manservisi che di mestiere faceva il sarto e tre contengono scorci di vita paesana e di vita rurale con esplicito riferimento al borgo di Castelluccio e uno con un corteo in abiti medioevali ad imitazione della cavalcata dei magi di Benozzo Gozzoli a Firenze, forse, come a Firenze, celebrativo del proprietario.

Come spiega la restauratrice, Paola Borri Palmieri, osservando le tele da vicino, difficilmente si può capire che non si tratta di un arazzo, perché il colore è steso molto liquido in modo da far emergere i fili della tela. E’ una tecnica che permette di ottenere a prezzi contenuti risultati ed effetti visivi del tutto simili a quelli dei grandi arazzi. Il restauro è stato interamente finanziato dalla Associazione Castello Manservisi che gestisce la struttura e realizzato da Paola Borri Palmieri.

 

Alessandro Manservisi  oltre al Medioevo è affascinato anche dal Rinascimento, nel quale si rifletteva ancora l’ideale cavalleresco delle corti padane del Quattrocento. Solo così si spiega la presenza di una serie di “arazzi”, che in realtà sono dei dipinti su tela a trama grossa, che rappresentano scene che si rifanno a questa mentalità neo-rinascimentale. Proprio nella sala detta degli arazzi sopra le quattro porte troviamo altrettante scritte che ci fanno almeno in parte comprendere l’animo ed il fine che egli si propose nel realizzare il castello.   Rieccheggiando i primi verso dell’Orlando di Ludovico Ariosto c’è scritto:  Ho sognato le dame e i cavalieri Che de belli castelli fur signori, E carmi avevan sulle labbra e amori Negli occhi, mentre givan per sentieri. Le donne, i cavalieri, i castelli coi loro signori, i carmi e gli amori . Anche la seconda scritta si riferisce a quel mondo: Ho cantato e la tibia del pastore Tenea bordone a questo mio cantare Rispondevano a noi dal casolare I ritornelli delle tessitore I canti del pastore vengono accompagnati dal suono basso della tibia e a questo canto pastorale rispondevano i ritornelli delle tessitrici, in una specie di rimando canoro.

Le altre due scritte hanno carattere più esplicitamente autobiografico: Ho fatto il mio raccolto, ho lavorato Questa buona mia quiete ho meritato Se ho raccolto mi sono affaticato Ho sognato, ho cantato, ho lavorato. I versi sottolineano il lavoro svolto da Alessandro, che del resto parla in prima persona, nella realizzazione del castello, alla cui costruzione sembra che egli attribuisca valore fondante per la sua vita, come luogo della ritrovata quiete montana, fuori dal caos cittadino in cui viveva e lavorava.   I sogni ricorrono ancor di più nella quarta e ultima scritta, dove proprio il suo sogno vene definito come d’oro. Particolamente significativo il riferimento al fatto che egli si consideri non proprietario o costruttore della casa, ma signore, un termine che collega ancora una volta la sua prospettiva ad un vagheggiato rinascimento. E se ho sognato un sogno tutto d’oro E se ho cantato un canto tutto amore E se di questa casa son signore È meritato premio al mio lavoro

Anche uno dei cosiddetti arazzi, datato 1908 e quindi realizzato in un periodo successivo alla conclusione dei lavori del castello, propone ancora l’ideale cavalleresco delle corti rinascimentali. L’immagine rappresenta infatti un corteo di dame e cavalieri, con esplicito riferimento ad uno degli affreschi della cappella dei Magi, realizzato a Firenze da Benozzo Gozzoli nel 1459 per palazzo Medici, oggi Medici Riccardi, nel quale la grande composizione della parete est raffigura il corteo dei Magi dove sono rappresentati i protagonisti delle Firenze di Lorenzo in Magnifico, che guida il corteo, seguito dal padre Piero e dal nonno Cosimo il Vecchio; dietro di loro il corteo di fiorentini illustri.

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