Alessandro Manservisi di Malalbergo, sarto a Bologna e costruttore del castello di Castelluccio
Le prime informazioni rinvenute sulla nascita e la famiglia di Alessandro sono state tratte sia dall’atto di battesimo, che è conservato nell’archivio parrocchiale di Malalbergo, sia dalla scheda di famiglia, conservata nell’anagrafe del Comune di Bologna4. Da entrambi risulta che egli nacque il 16 gennaio 1851 nella pianura bolognese, a Malalbergo. Fu battezzato il 19 dello stesso mese nella parrocchia di Sant’Antonio dall’arciprete don Leonardo Giovannini e gli furono imposti i nomi di Alessandro e Antonio, mentre i santoli, cioè i padrini, furono i fratelli Alessandro e Clotilde Poggi. Da entrambe le fonti risulta che il padre aveva nome Giocondo ed era nato a Malalbergo il 25 dicembre 1824, mentre le informazioni sulla madre divergono: secondo l’anagrafe bolognese ebbe nome Rita Rosa Augusta Bastelli, nata a Santa Maria in Vado il 3 agosto 1823, mentre l’atto di battesimo di Alessandro ce la presenta come Rita Poggi. I genitori si erano sposati a Malalbergo il 12 novembre 1848 e tre anni dopo, nel 1851, era nato il primogenito Alessandro, mentre il 7 gennaio del 1854 sarebbe nata la prima figlia Clotilde, divenuta poi maestra elementare. I documenti dell’anagrafe del Comune di Bologna definiscono il padre Giocondo come possidente e negoziante. Egli sarebbe morto a Casalecchio il 30 dicembre 1898 e la madre il 15 novembre 1891.
Dopo il 1858 troviamo la famiglia residente a Bologna. Non siamo certi a riguardo dei motivi che spinsero la famiglia a trasferirsi dal loro paese d’origine in città, ma le cause devono probabilmente essere collegate alle vicende del padre, che aveva sicuramente avuto a che fare con la giustizia pontificia, probabilmente per motivi di carattere politico. Ricaviamo l’informazione della sua incarcerazione dai documenti dell’anagrafe del comune di Bologna: nel primo foglio di famiglia, steso nel 1858 al momento dell’arrivo in città, è scritto che in quel momento Giocondo era in carcere, poiché in precedenza era stata condannato addirittura all’ergastolo. La stessa fonte annota che egli aveva scontato dapprima la sua pena nel ‘bagno’, nel bagno penale cioè nella prigione, di Santo Stefano di Ventotene, oggi in provincia di Latina, mentre nel 1858, al momento del trasferimento della famiglia, si trovava nel carcere di Ancona. Sarebbe uscito solamente il 20 febbraio 1883, tanto che lo troviamo nei documenti dell’anagrafe convivente con la famiglia solamente dall’ottobre dello stesso anno. Giuseppe Pranzini di Castelluccio5 ci riferisce che i suoi genitori ricordavano un certo parente di Alessandro Manservisi, soprannominato Caino, che quando essi erano giovani nella seconda metà dell’Ottocento aveva ancora le cicatrici alle caviglie causate dai ferri che avrebbe portato durante una sua non precisata permanenza nelle galere bolognesi. Si dice che questo Caino fosse a capo di una banda di “briganti”, che tra i loro obbiettivi, oltre a quello classico della mentalità popolare di rubare ai ricchi per dare ai poveri, avevano quello di ammazzare dei religiosi. Il ricordo ancora vivo nella memoria popolare potrebbe forse riferirsi a Giocondo, padre di Alessandro, che essendo rientrato in famiglia nel 1883 per morire nel 1891, potrebbe essere venuto a Castelluccio poco dopo l’acquisizione delle case Nanni Levera da parte del figlio Alessandro nel 1886 ed essere quindi ricordato generica mente dalla tradizione popolare come ‘un parente’, pur essendo il padre. Ma si tratta solo di una congettura. Sarebbe interessante anche conoscere il reato commesso da Giocondo, ma dal complesso della documentazione mi sembra si possa intuire fosse un reato di tipo politico. Quel che risulta certo è che, senza la presenza del padre, la famiglia si trasferì a Bologna nel 1858.
Alessandro, fanciullo di sette anni, arrivò infatti in città in quell’anno con la sola madre e con la sorellina Clotilde che di anni ne aveva solamente quattro. Estremamente interessante ciò che troviamo nello stesso primo foglio di famiglia dell’anagrafe bolognese: l’annotazione scritto sicuramente in una data successiva all’arrivo. In questo documento Alessandro dichiarò di svolgere l’attività di scrittore ora negoziante. Non abbiamo nessun altro indizio di questa definizione di scrittore, che resta l’unica nel panorama delle fonti consultate, ma rimane significativa del fatto che l’Alessandro giovane affermava di se stesso di avere in qualche modo a che fare col mondo dei libri e della cultura, un mondo che sicuramente contribuì in modo notevole a far nascere nella sua mente l’idea della costruzione del suo fantastico castello. Il 5 settembre 1889, a trentotto anni, Alessandro sposò Teresa Carlotta Bastelli, che era nata a Bologna il 22 ottobre 1852 da Cesare e da Maria Luigia Lipari. I documenti dell’anagrafe bolognese la definiscono sartina. Sarebbe morta dieci anni dopo il marito, il 3 ottobre 1922. Non ebbero figli ed anche questo fatto spiega la decisione di Alessandro prima di costruire il castello ed in seguito di devolvere la maggior parte della sua eredità per la costrizione della colonia scolastica. Da alcuni documenti della Camera di Commercio di Bologna6 traiamo le informazioni relative all’inizio ed agli sviluppi della sua attività di sarto: risulta infatti che nel 1875 egli aveva aperto nella centralissima e molto elegante via Ugo Bassi un negozio di sartoria, che nel corso degli anni divenne uno dei più di moda della città. Lo si apprende da una lettera circolare a stampa con la quale egli trasmetteva alcune comunicazioni relative al proprio negozio ad una clientela che, dal tenore della stessa lettera e dall’elegante forma grafica, risulta appartenesse all’alta borghesia o alla nobiltà. 6 Fascicolo intestato alla ditta in ACC, Registro delle ditte. L’avvio dell’attività nel 1875 è documentato da alcune lettere: con la prima del 18 ottobre il Manservisi avanzò al sindaco di Bologna la richiesta di affittargli i due negozi annessi alla Farmacia Zarri sotto il portico della Gabella Vecchia. Nella stessa lettera egli parlò anche dell’attività che aveva intenzione di avviare, consistente in quel momento nello smercio di vestiti. La richiesta riguardava il periodo incominciando da oggi fino al 15 aprile p.v.. La risposta (o gran velocità delle antiche burocrazie!!!) è datata al giorno seguente, e con essa il sindaco respingeva la richiesta non essendo disponibili le Botteghe richieste a quest’ora già impegnate. In qualche modo, a noi però sconosciuto, egli riuscì comunque nel suo intento ed anche in modo molto sollecito, poiché il 9 novembre dello stesso anno con una lettera egli chiedeva al sindaco di poter mettere sopra al mio negozio ad uso di Sartoria, posto sotto il portico della Gabella un cartello attaccato al muro di colore nero con lettere bianche della lunghezza di m. 2,70 e dell’altezza di m. 0,80 con la dicitura della ditta. Una richiesta come questa sottintendeva il fatto che il negozio fosse già stato aperto. La risposta questa volta fu positiva, segno evidente che, dalla prima risposta negativa del 19 ottobre la situazione era mutata e che, per qualche motivo a noi sconosciuto, l’amministrazione comunale di Bologna nel giro di una ventina di giorni aveva cambiato idea, affittando ad Alessandro Manservisi un negozio nell’attuale via Ugo Bassi. Solamente cinque giorni dopo il nostro sarto scrisse di nuovo al sindaco per chiedere di poter mettere un analogo cartello pubblicitario anche nelle parti laterali del negozio con scritte addirittura in inglese e francese (tailleur e tailor) ed un’altra ancora nella volta con dicitura in tedesco (Schneider). Anche l’idea di pubblicizzare il negozio presso una clientela di tipo internazionale risulta davvero significativo del livello di importanza che lo stesso Manservisi attribuiva alla sua attività7. Il fatto che il Manservisi avesse idea di allargare la sua attività che all’inizio si limitava al commercio di confezioni è confermato da una lettera da lui inviata il 22 novembre 1884 alla Camera di Commercio, nella quale egli stesso afferma che tre anni prima, nel 1881, aveva allargato l’oggetto del suo commercio, con l’apertura di una calzoleria. I documenti successivi rinvenuti si riferiscono all’ultimo decennio del secolo, il periodo in cui egli aveva già acquisito la tenuta di Castelluccio e stava trasformando l’edificio principale nel suo castello. Il 25 ottobre 1897 egli scrisse alla Camera di Commercio per comunicare lo spostamento del suo negozio in locali di sua proprietà (ex Caffè Grigioni, sotto il portico della Gabella Vecchia), sempre in via Ugo Bassi angolo vicolo Ghirlanda. L’apertura del nuovo negozio si sarebbe realizzata a partire dall’8 maggio successivo, assieme alla conseguente vendi- 7 ASCBO, tit. IV, rub. 1, sez. 2, fasc. “Fabbricato Comunale di Canton de’ Fiori. Locazioni”, n. 9426. ta a prezzi scontati delle merci ivi esistenti, confezionate e da confezionarsi. Egli comunicò anche di aver assunto due nuovi sarti, Emiliano Carloni per la parte borghese e Achille Tumolillo anche per la parte militare, livree ecc.. Una seconda lettera a stampa del 15 settembre 1899 ci informa che era stato assunto come tagliatore-sarto anche Felice Aldrovandi, che venne affiancato al Tumolillo8. L’assunzione di un nuovo sarto per la parte militare documenta un ulteriore allargamento dell’attività di sartoria alla confezione di uniformi. L’intenzione di impegnarsi anche in questo ambito produttivo è confermata dal fatto che in varie occasioni il Manservisi richiese alla Camera di Commercio apposite certificazioni che attestassero le sue capacità e competenza nel confezionare uniformi. In risposta a queste richieste la Camera di Commercio in varie successive occasioni che la ditta Manservisi è idonea ad adire alle aste assumere forniture come quelle per le divise della Guardia di Finanza e per l’esercito. Questi certificati si riferiscono agli anni dal 1901 al 1907 e, assieme all’assunzione del Tumolillo, furono la base di partenza per poter partecipare agli appalti delle divise di vari corpi di tipo militare o bandistico soprattutto appartenenti al Comune di Bologna. L’attività del rinnovato negozio è in qualche modo descritta da Pompeo Colombini di Bologna, che evidentemente era uno degli uomini di fiducia della Camera di Commercio e svolgeva l’attività di esportatore di salumi suini. Proprio a costui la stessa Camera si era rivolta per avere informazioni sul nostro sarto ed egli così rispose: È a mia conoscenza come il sig. Alessandro Manservisi esercita in vasta scala l’industria della Sartoria in Bologna figurando fra le primarie del Comune. La scelta di trovare nuovi committenti, anche pubblici, per la sua attività è confermata dal fatto che un’altra delle lettere a stampa di tipo circolare rinvenute nell’archivio della Camera di commercio reca a sinistra lo stemma del Comune di Bologna, di cui il Manservisi era divenuto fornitore. Troviamo lo stesso stemma anche in vari luoghi del suo castello, dove egli si premurò di inserirlo. Uno di essi, elegantemente scalpellato in pietra con la scritta BONONIA, si trova sul muro che dà sul parco ed un secondo sulla torre dell’attuale museo LabOrantes. Un terzo stemma si trova riprodotto su uno dei piatti in maiolica, inseriti nella muratura sotto il portico a tre archi dello stesso castello. La stessa lettera reca in alto a destra anche lo stemma del proprietario, che rappresentava una mano. Sembrerebbe che questo sia il primo documento iconografico in cui compare tale emblema, che per un borghese rampante della Bologna fin de siècle voleva rappresentare un ulteriore elemento pubblicitario e ed segno della crescita nel prestigio sociale fra le classi emergenti cittadine. Un precedente stemma sembra essere quello in pietra lavorata che si trova nel castello e che reca le iniziali con la data 1852, e forse quello della mano in rilievo. Lo stemma con la mano aperta che compare nella carta intestata in seguito sarebbe stato ripetuto in mille modi e reiterato su mille materiali nelle pareti e all’interno del castello (ad affresco, su pietra, in terracotta, in ferro battuto). Oltre allo stemma è documentato anche il motto Semper vigilat rappresentato in modo ripetitivo ed in funzione decorativa nelle parete e soffitto dello scalone d’onore che mette in comunicazione il piano che dà sul giardino inferiore al piano superiore. Si trova anche inciso in una piccola lapide in arenaria assieme ad un uccello che sembra essere un gallo, un animale molto adatto ad incarnare il motto stesso.
L’evidente tendenza all’auto-celebrazione di Alessandro è ampiamente documentata ancora dagli stemmi e dalle lapidi che egli fece murare in momenti diversi sulle pareti del castello. Il più significativo in questa prospettiva è sicuramente lo stemma del comune di Malalbergo realizzato in pietra, che reca la data 1851, anno di nascita dello stesso Alessandro. Lo stesso stemma è reiterato anche in uno dei piatti murati sotto al portico. La crescita nella scala sociale è strettamente legata al successo del negozio di sartoria e confezioni, che in breve tempo divenne uno dei principali della città di Bologna, ubicato nella centralissima via Ugo Bassi all’angolo con la via che in quel tempo era detta via Ghirlanda. Dai legati che egli, col testamento del 2 ottobre 1911, lasciò ai suoi dipendenti, risulta che in quegli anni lavoravano al negozio il tagliatore di sartoria Attilio Guerra, i lavoranti di sartoria Aldo Domenichini e Antonio dall’Olio, i facchini Vincenzo Maccaferri e Venusto Armaroli, il garzone Epaminonda Gozzi, le lavoranti Cesira Campanini e Melina Tartarini: un gruppo di dipendenti di tutto rispetto per un semplice negozio, anche se ubicato nel centro di Bologna9. Ancor più significativo l’inventario steso nei giorni dal 13 al 18 maggio 1912 (il Manservisi era morto il 7 aprile precedente) dal rigattiere Pio Dalfiume, dal quale apprendiamo che il negozio era ampio e ben attrezzato, poiché comprendeva i seguenti vani: Camera uso scrittoio, Locale Confezioni, Locale Tagliatori, Andito che mette ai Gabinetti di Prova, 2 Gabinetti di Prova, Laboratorio, Magazzeno sotterraneo in diversi locali. Anche l’inventario della mobilia, delle stoffe e delle confezioni contenute al momento della morte di Alessandro mostrano un negozio particolar- 9 ACM, cart. 2, fasc. 58, “Stato attivo e passivo del patrimonio relitto dal Sig. Alessandro Manservisi e divisione conseguente le disposizioni testamentarie”, anno 1912. Due volumi di inventari dei suoi beni stesi dopo la sua morte in ACM, cart. 1, fascicoli 2 e 3. mente elegante. Elenco solamente alcuni fra i più significativi, scelti fra i numerosissimi arredi: sei vetrine fornite di un grande cristallo e specchi ai laterali, soffitto in legno noce con nove lampade ed altre due simili all’ingresso; scansie ed armadi numerosi ed ampi; due banchi di castagno entrambi da metri 2 per 0,58 ed altri tre simili di metri 2 per 0,74, tutti forniti di piedi torniti; un bureau di legno castagno fornito di vetri stampati, bucchetta nel centro e tavolato nell’interno; una cassaforte di centimetri 62 per 55; ampie specchiere; un orologio a muro con incassatura di legno castagno; anche i camerini di prova risultano particolarmente eleganti, con ampie specchiere, sedie e poltrone imbottite, vetrate ed attaccapanni a muro in ottone10. Possediamo una descrizione dello stabile in cui era collocata la sartoria, contenuta nella stima che fu stesa dall’ingegner Giulio Marcovigi nel 1919, in occasione della sua vendita. Dal punto di vista architettonico l’edificio comprendeva due corpi di fabbrica riuniti fra loro, l’uno dei quali prospetta la Via Ugo Bassi e l’altro la Via Ghirlanda. Verso la Via Ugo Bassi esso comprende, al piano terreno, sette arcate di cui le estreme soltanto per metà, di un massiccio porticato che si estende con la stessa veste architettonica, lungo la via, ai fabbricati adiacenti. Al di sopra si elevava il fabbricato con aspetto assai modesto (…) parte del quale è a due piani e parte ad un sol piano oltre il granaio. Sotto il portico si trovavano tre negozi dei quali il più importante era quello d’angolo, che aveva quattro mostre verso via Ugo Bassi. Ai due piani superiori si trovavano un ufficio e vari appartamenti di abitazione, assieme a vasti granai, termine bolognese che significa soffitte11. 11 ACM, cart. 2, fasc. 76, Stima del 26 marzo 1919. Negli anni Ottanta dell’Ottocento Alessandro Manservisi riuscì anche ad inserirsi fra i fornitori ufficiali del Comune di Bologna. Da una documentazione degli anni 1884- 1885 apprendiamo che in quel periodo egli realizzò 62 nuove divise per la banda municipale: il 17 giugno la Commissione pubblica istruzione scrisse al sindaco sollecitandolo ad acquistare le nuove uniformi in tempi brevi, perché il corpo musicale aveva intenzione di partecipare, il 2 e 3 agosto seguenti, ad un importante concorso internazionale di musica. A tal fine vennero raccolte dal comune tre proposte di varie ditte, delle quali quella del Manservisi era stata sollecitata dagli assessori Dallolio e Mancinelli e dal capo musica, segno chiaro che egli era evidentemente ben introdotto nell’ambiente comunale bolognese. Il 20 seguente la stessa Commissione scrisse ancora al sindaco, riconoscendo come l’offerta del Manservisi fosse la migliore. Uno degli elementi per il quale l’appalto venne assegnato proprio a lui è che egli si impegnò a consegnare il lavoro entro il 20 luglio, in tempo cioè per la partecipazione al concorso. Anche il costo di 95 lire di ciascuna divisa per una spese totale di 5890 lire fu considerato concorrenziale. I denari occorrenti sarebbero stati sborsati dagli stessi musicanti, mentre il comune avrebbe pagato solamente per i dodici alunni. Quattro giorni dopo, il 24 giugno, la giunta deliberò di assegnare l’appalto al Manservisi che ha già servito con soddisfazione il Comune pei vestiari dei Sorveglianti Municipali. La fornitura delle divise per la banda non era stata dunque la prima ed unica del Manservisi al comune, ma egli già in precedenza aveva eseguito lavori di sartoria per l’ente. Il lavoro fu eseguito secondo la scadenza stabilita, poiché la fattura finale porta la data 31 luglio 1884, mentre una seconda fattura per 58 uniforni al prezzo di lire 95 l’una ed un totale di 5.510 lire è datata 4 dicembre 1884. Dall’intestazione della fattura emessa dalla ditta apprendiamo la precisa denominazione dell’attività: Alessandro Manservisi Magazzini di Sartoria Civile e Militare. Calzoleria da Uomo e da Donna. Deposito Abiti Confezionati. Dalla stessa lettera apprendiamo anche che a quella data oltre alla sede delle logge della Gabella Vecchia, proprio all’inizio di via Ugo Bassi, la ditta aveva aperto una succursale in via D’Azeglio n 15/B. Un’altra fornitura al comune di Bologna è documentata nel 1890 da un carteggio dell’Archivio storico comunale: dopo aver bandito la gara per la realizzazione di 54 nuove divise per le guardie municipali, i funzionari del Comune l’11 giugno aprirono i plichi sigillati delle offerte. Evidentemente fu il Manservisi a vincere la gara, poiché il 28 giugno confermò la sua offerta come da capitolato ad un costo di lire 66,90 per ciascuna uniforme.