Le aree tematiche:
- La religiosità popolare
- vita e lavoro del borgo
- I lavori delle donne
- La cassa rurale
- La sala dei nidi
- La linea gotica
La religiosità popolare
Si comincia salendo lo scalone, oggi silenzioso ma, fino a qualche decina di anni fa, molto rumoroso, percorso dai bambini e dalle bambine della colonia che in questo edifico vivevano e dormivano. Una delle prossime sale che verranno aperte sarà proprio quella legata alla colonia utilizzando le piccole docce, i piccoli lavandini, i piccoli water, i piccoli comodini che aspettano solo di essere sistemati per il museo.
E girando per le sale date sempre un’occhiata anche alle foto, che non sono solo foto d’epoca , ma sono soprattutto la foto di un padre o di una madre, di uno zio o di una zia, di un nonno o di una nonna di qualcuno di Castelluccio. Ci sono foto di scolaresche degli anni 30 e può capitare di vedere qualche persona novantenne che si indica tra gli alunni o le alunne.
Insomma il Museo con la sua architettura, i suoi soffitti di legno, i pavimenti di piastrelle rosso vinaccia tipiche dei primi anni del 900 creano una atmosfera che si coglie fin dal primo gruppo di sale dedicate al mondo religioso e alla religiosità popolare. Tra i tanti oggetti presenti impressiona la raccolta di ex voto ed in particolare delle tavolette votive provenienti dai Santuari della Madonna del Faggio e della Madonna del Ponte di Porretta. Si tratta di PRG, per grazia ricevuta; tavolette dipinte o altri oggetti incorniciati che venivano commissionati da coloro che ritenevano di aver ricevuto una grazia. Preziose testimonianze di religiosità popolare molte delle quali dipinte da un artista locale: Ciro Righetti. Particolarmente prezioso tra gli altri oggetti è un presepio del 600 di pregevole fattura.
Ci sono poi numerosi materiali, paramenti sacri, quadri, crocefissi, reliquiari, l’orologio del campanile, ecc provenienti dalla chiesa di Santa Maria Assunta di Castelluccio.
Altro elemento particolarmente prezioso è dato dalla grande raccolta (oltre 250) di libri del 700, 800, 900 che spaziano dalle istruzioni –tema per tema – per i curati di campagna ai grandi libri di teologia. Oltre ai grandi classici ci sono i libriccini che davano indicazioni ai parroci su quale predica fare nei vari periodi dell’anno e sul linguaggio da tenere con il mondo contadino.
Vita e lavoro del borgo
L’altra grande area espositiva riguarda la vita quotidiana del borgo appenninico. Si parte dalla ricostruzione minuziosa di una cucina, come luogo in cui si sviluppava la vita sociale della famiglia montanara. Un luogo pieno di oggetti strani e curiosi, dalle trappole per i topi, al vaso di coccio per la “lisciva”, agli attrezzi per fare il burro o a quelli per la polenta. Si trova poi la ricostruzione del negozio di Righetti, un personaggio – quasi una istituzione locale – che accompagna la vita del borgo per l’intero 900. E una bottega storica presente nel museo rimanda ad un’altra bottega storica presente e funzionante nel paese: quella di Lorenza e Giorgio che mantengono aperta un negozio di generi alimentari che ha ormai molte decine di anni.
Si incontra poi il laboratorio del calzolaio che una volta le scarpe dovevano durare una vita. E anche qui, assieme ai tanti attrezzi si può vedere il paio di scarponi che Carlo Righetti usava nel campo di concentramento. Più avanti gli attrezzi dello stagnino, essenziale per la riparazione delle pentole di rame.
Ampio spazio hanno poi i lavori del ferro. E’ stata ricostruita un’ officina del ferro recentemente acquisita dal museo. E’ la vecchia officina di Ilario Bartolini che per spiegare chi era ha lasciato scritto di sé stesso: un po’ impulsivo, anche generoso; galantuomo, poco socievole (poco religioso). Il maglio, i forni, i mille attrezzi per forgiare il ferro testimoniano della significativa presenza di ferriere in tutto l’Alto Reno, zona in cui – grazie alla presenza di acqua per azionare i magli e di legna per produrre carbone, da centinaia d’anni si lavora il ferro.
Si prosegue poi con i lavori agricoli, con oggetti che vanno dall’ aratro di legno per le patate, ai gioghi per i buoi, ai vari mezzi meccanici per la trebbiatura del primo 900, fino ad una simpatica collezione di lampade a petrolio. E poi ancora tini e torchi per il vino vestigia di un tempo quando il disboscamento aveva indotto a tentativi di sfruttare il terreno per attività vinicole.
Una grande sala è destinata ad una tipica attività dell’Appennino, la raccolta, il taglio, il trasporto con i muli della legna dei boschi. Si trovano in mostra i basti da mulo, gli attrezzi dei maniscalchi, le attrezzature di boscaioli, foto e ricostruzioni delle carbonaie. Questo percorso prosegue con la sala della falegnameria e gli attrezzi relativi. E anche in questo caso la bottega nel museo rimanda al laboratorio nel paese dove i due fratelli Pranzini (che potete vedere nelle foto sulle pareti) hanno continuato a frequentare la falegnameria ben oltre i 90 anni.
Nel museo che racconta la vita tra queste montagne, non poteva mancare la sala delle castagne, gli attrezzi per raccoglierle, ma soprattutto quelli che raccontano l’essicazione, la pulitura e poi la trasformazione in farina. Come la polenta per la Val padana, in montagna la farina di castagne era la base dell’ alimentazione su cui si basavano un sacco di ricette. Ed in ricordo di questa usanza la pro loco organizza ogni anno, a novembre, un pranzo in cui dall’antipasto al dolce, tutto è a base di castagne. Ma i ciaci o le fritelle di castagne possono essere assaggiate a tante delle feste che vengono organizzate nei mesi estivi. E alla macellazione del maiale è dedicata una sala del museo.
I lavori delle donne
Una sezione del museo è dedicata ai lavori delle donne. In particolare tutto il processo di filatura e di creazione delle stoffe con arcolai e telai che partono da quelli in legno di fine 800 per finire a quelli degli anni 50 del secolo scorso, quando tessitura e realizzazione di abbigliamento in casa era divenuta una delle prime forme di lavoro a domicilio e le donne supportavano anche così i bilanci famigliari.
La cassa rurale
Una intera sala è dedicata alla Cassa rurale di Castelluccio, una piccola Banca creata alla fine dell’800 e che è rimasta in vita fino a divenire ai giorni nostri la Banca di Credito Cooperativo dell’Alto Reno.
La sala dei nidi
Una sala è dedicata ai nidi di uccelli classificati ed inventariati e con una serie di uccelli impagliati. Si tratta del lavoro di raccolta fatto nel 1995 da un gruppo di bambini coordinati dalla Signora Maria Roma Cavicchi. E la sala viene periodicamente riordinata da quei ragazzi, oggi trentenni, che li avevano raccolti.